Di che arte sei?

di Giuseppe Fioriello


È una domanda che una volta era d’obbligo, sta tornando alla page? Chissà?
Una cosa è certa, un po’ di tempo fa si parlava, a proposito di cultura e linguaggi, il registro alto o basso, oggi i confini sono più labili, se ancora permangono. Cosa oggi ci attira di più?
I muri.

Per essere meno provinciali diremmo anche Street Art, Street Photography, insomma tutto uno Street, che alla fin fine sta per strada, e, dimenticando la nostra lingua siamo effettivamente provinciali di ritorno.

Tornando ai muri, diciamo che si distinguono tra esterni ed interni.
Nella scelta al momento prendiamo in considerazione come muri quelli di un luogo deputato e, sarebbero quelli del corridoio al primo piano della Fondazione De Palo-Ungaro di Bitonto.

Imbattendoci in codesti muri si continua una visione che va per affinità, correnti, tecniche e tematiche. Così superate le sale che ospitano le tele terrose di Nicola Tullo ci imbattiamo nei “muri” i quali “ospitano” le opere donate da Italo Rucci, tra cui troviamo Corrado Cagli, il quale nel 1933 scrive l’articolo “Muri ai pittori”, fondamentale per la storia del muralismo italiano. In tale manifesto vi sono esposti i fondamenti teorico-estetici, cercando una strada affine ma diversa da Mario Sironi.

Presentando Cagli, facciamo parlare lui medesimo il quale diceva: “Per me l’arte prima di essere un fatto estetico è un fatto morale. Ci sono momenti in cui la posta in ballo è tale che è meglio tradire la propria vocazione e partecipare alle vicende dei nostri compagni di sorte”, 1973. Il nostro viaggio sui muri continua con un autore ancora romano, Renzo Vespignani, pittore, illustratore, scenografo e incisore che ha raccontato le periferie, le tracce e i segni della guerra, gli affetti. Del suo gruppo denominato “Il pro e il contro” vi faceva parte anche Ennio Calabria, presente con due sue opere in una delle sale del Museo.

Un altro compagno di viaggio è Arturo Carmassi del quale ci parla Andrea Camilleri: “In qualsivoglia modo un Carmassi penetri nella tua casa, per baratto, per scambio di moneta contro merce, per donazione, per telecinesi, considera che esso non ti è pervenuto per accordarsi al colore delle pareti, per coprire lo sfregio di un’effrazione o lo scolorimento di un’usura. Una vena sotterranea dal percorso tanto improbabile quanto logico l’ha condotto a te: non sei tu che l’hai scelto, tu sei semplicemente il punto di confluenza di una sottilissima rete di occasioni e di eventi” (da i Quaderni della nuova Cairola, Milano, 1973).

PS: per un’arte Pop e di carta bisogna attendere gli anni ’60 con Andy Warhol. Ma questa è storia recente. Nel 1964 con la Peggy Guggenheim sbarcano a Venezia alla Biennale Robert Rauschenberg, al quale andò il premio di quell’anno e il suo gallerista Leo Castelli con Ileana Sonnabend. A questa storia recente, anche gli italiani conoscono i loro sbarchi verso l’Europa. Di questi il più famoso e a nostro modo pop con la sua factory/bottega è stato Raffaello Sanzio. In effetti degli ultimi tre artisti del rinascimento maturo, Raffaello è quello più elegante e cercato da ogni dove, così Leone X desiderò legare il proprio nome all’impresa della cappella Sistina commissionando la copia delle opere del pittore in arazzi realizzati nella bottega di Pieter van Aelst a Bruxelles su disegno di Raffaello Sanzio, databili al 1515-1519 e conservati nella Pinacoteca Vaticana. Sette cartoni originali sono oggi conservati nel Victoria and Albert Museum di Londra. Ma la maggior diffusione dello stile di Raffaello avviene attraverso le incisioni di Marcantonio Raimondi che girano per tutta l’Europa.
Così i muri del Museo Archeologico di Bitonto, presso la Fondazione De Palo-Ungaro ospitando opere originali e multipli nel nostro piccolo possano essere un buon supporto per la formazione del cittadino, piccolo o grande che sia.

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