Eventi e Mostre

Un dipinto chiamato cinema

C’era una volta il cinema.
Nelle locandine di ieri
i segni di un’ arte iconica

La Fondazione De Palo-Ungaro – Museo Archeologico, con il contributo del Consiglio regionale e il patrocinio del Comune di Bitonto, ha inaugurato sabato scorso 12 febbraio 2022, alle 18.30 nella chiesa bitontina di San Francesco della Scarpa la mostra “Un dipinto chiamato cinema”.
L’intento dell’ esposizione, visitabile fino al 4 marzo, è proporre a un pubblico vasto e eterogeneo la riscoperta del valore artistico dei vecchi manifesti cinematografici, ma vuole essere anche un tributo di riconoscenza a Franco De Caro, recentemente scomparso: un uomo che è stato concretamente attivo nella vita civile e culturale di Bitonto. La sua straordinaria passione per il cinema – ereditata dal padre stimatissimo professore di matematica storico gestore del cinema teatro Traetta – l’aveva portato a conservare bozzetti originali e dipinti di manifesti cinematografici, documenti straordinari, meticolosamente custoditi, del tempo in cui andare al cinema era un rito collettivo e si restava stregati dalla spettacolarità dei manifesti.

Tali manifesti lo sappiamo tutti, raccontano l’età d’oro del cinema italiano e straniero, quello de grani comici. del western. degli horror, dei polizieschi, dei drammoni strappalacrime. Dalla miriade di manifesti accatastati in lunghe pile ordinate, dopo un adeguato lavoro di catalogazione – sono stati estrapolati manifesti – alcun sono autentici capolavori – che costituiscono l’apparato di questa mostra quale sintesi di quella che è stata una vere propria forma di arte: realizzazioni di una fattura eccezionale da parte di artisti in grado di fissare un’ emozione o di magnificare un divo oltre che di creare l’attesa o suscitare il desiderio. Così sono stati selezionati alcuni manifesti di film di successo del cinema popolare, che hanno visto come attori protagonisti Totò e Alberto Sordi.
Si può può riscopre il valore di alcuni grafici – in molti le influenze delle avanguardie nella pittura erano tangibili – e rivedere un capitolo della storia sociale e del costume in Italia. In fondo la locandina è stata sempre capace di anticipa nello spettatore alcune emozioni che avrebbe provato in sala e, oltre a essere un tangibile testimone dei momenti più memorabili del cinema, è stata espressione di una vera e propria arte popolare.

Contrassegnato da una tecnica pittorica perfetta e non poche volte da una geniale originalità il manifesto cinematografico si fermava nella memoria di chi osservava. A ragione Fellini diceva: «i manifesti cinematografi si fanno amare perché sono come le canzonette ti riportano a certi momenti della tua vita. impedendoti di perderli». Spesso le nostre piazze si sono colorate con faccioni colorati degli attori del film in programmazione nelle sale creando un clima di attesa, che rispondeva in pieno al festoso rituale del cinema e alla curiosità per un film. De Caro con questa sua raccolta ha preservato e stagioni indimenticabili della nostra vita di spettatori.
Al giovane illustratore-fumettista Michele Santoruvo si deve la non facile catalogazione dell’intera collezione di manifesti nonché il coordinamento di questa mostra, a cui si è giunti dopo una meticolosa scelta di alcuni cori simboli del passato cinematografico.

Al fine di far meglio conoscere questa forma d’arte, egli ha voluto il coinvolgimento di fumettisti, illustratori e concept artist che attraverso le più innovative tecniche artistiche moderne. hanno originalmente riscritto le locandine originali, pervenendo a nuove opere d’arte inedite. Tali giovani artisti prevalentemente pugliesi traducono in una sfarzosa “tavolozza” di colori la loro originale fertilità di idee, creando bozzetti dalla sorprendente potenza evocativa del manifesti originali Con stili e tecniche diverse sono riusciti a dare Immagine e identità ai film cui manifesti sono stati selezionati per la mostra. Come scrive Francesco Paolo Del Re in una nota nel catalogo edito da Quorum, «questa mostra guarda al passato contemporaneamente strizza l’occhio al futuro attraverso la lettura di una meravigliosa forma d’arte. La locandina cinematografica nel mettersi in mostra richiama a sé la sacralità e la compiutezza del linguaggio pittorico, dalla forma-quadro che sì rinnova dandosi tuttavia con una leggerezza spensierata, dissacrata, propria di un consumo veloce, sospesa tra illustrazione e tradimento».


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