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Philosophari pingendo ovvero dipingere è filosofare

di Angela Pastoressa – Antonia Speranza – Nicola Pice

La pittura è l’estensione dell’anima e l’anima non è altro che la tela su cui la vita dipinge. Da questo convincimento deriva la pittura di Nicola Petta.
Il suo dipingere sì svela come possibilità di attraversare la superficie delle cose, per coglierne l’essenza, e si fa metafora dell’esistenza umana, stabilendo un entusiasmante cortocircuito fra immagine e scrittura, tra puro segno grafico e evocazione di sensazioni e di pensieri. Di qui nasce la sua immagine pittorica ora rielaborazione di un concetto filosofico ora riflessione sopraggiunta ora pensiero ripensato.
Per Petta riflettere è far scaturire dalle cose e dalle percezioni dei punti fissabili in un orizzonte di significato. Di conseguenza la sua “filosofia” si apre alla considerazione che la propria vita si intreccia con quella degli altri, il proprio campo percettivo interagisce con quello degli altri. E se la sua riflessione non rinunzia a combinare parola e immagine, ossia a vedere nell’immagine una sorta di laboratorio del pensiero, allora il nostro artista non rinunzierà a dipingere l’idea.
Naturalmente l’idea dotata di un senso: intorno alla vita, alla morte, all’amore, al tempo, al pensiero. Perché Petta è mosso dal desiderio di interrogare il mondo e intende la filosofia come questione, e non come sapere, che accompagna la meraviglia e lo stupore di fronte al mondo. E si mantiene nell’interrogazione, nella ricerca di rispondere alle domande che si pone senza però annegare nel mare magno delle opinioni diffuse, che accantonano spesso la fatica del pensiero che solo dà senso al nostro essere. Cartesianamente “penso e dunque sono”, ma anche nel suo contrario “sono in quanto penso”.
Del resto, non è proprio la filosofia che insegna a non accontentarsi mai della prima risposta e perciò favorisce la comunicazione, l’espressione del dubbio, l’opportunità di dialogo? Dipingere diventa un’occasione per ripensare il mondo con gli occhi del possibile e non stancarsi di indagare all’interno dei campi della esperienza umana. Di qui una pittura che può parlare la lingua della filosofia, può fissare immagini che rappresentano temi filosofici, ma è sempre una pittura per non-filosofi sebbene non abdichi ad importanti riflessioni. Allora essa può esprimere pensieri astratti complicati, può evocare arditi ragionamenti, può rinviare dal sensibile al soprasensibile. Nascono cosi i pensieri dipinti del nostro Nicola Petta, che si traducono in affreschi che utilizzano materiali come malta, calce, pigmenti cd acqua e prospettano argomenti che vengono dalla Filosofia.
Infatti, Nicola Petta passa da una laurea in Filosofia prima, nell’attività di confezionista, poi, e, attraverso la sua passione che si invera nella realizzazione di affreschi che parlano della rappresentazione dell’atomo nella seconda accezione non democritea fino all’ecumene di Erodoto, della straordinaria complessità della figura di Pan, il Tutto che ci avvolge e ci compenetra, ovvero la natura fuori di noi e dentro di noi, del fluire inesorabile del tempo, del conflitto come origine dinamica del mondo, del senso di misura e del continuo divenire, e di altro ancora sino al complesso tema dell’Anastasi di Cristo.

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